Spesso capita di trovare nella musica risposte a certe domande che non sapevi di star cercando. All’improvviso qualcosa ti parla e se non lo fa con le parole lo fa con i sentimenti che provi. Tristezza, rabbia, amore, solitudine. Ti accorgi che qualcun’altro li sta provando insieme a te e smetti di essere solo. Alcuni la chiamano “empatia”, altri invece preferiscono parlare di una più mirata serendipità musicale.
Ma con qualsiasi termine lo si voglia identificare alla fine, ricordo che correva l’anno 2015 quando ebbi il primo avvicinamento emotivo alla lirica di Giaime. Stava concludendosi per me un gran bel periodo di merda ed iniziavo in qualche modo a sentire forte l’esigenza di una rivalsa personale. Un pomeriggio per caso mi capitò di ascoltare in shuffle “Più di tutto” dall’album Prima scelta. Sentii nascere dentro di me uno di quei legami d’intesa che è quasi impossibile raccontare, cose che si provano e basta. Non lo si poteva ancora prevedere, ma dopo quell’album Giaime – a parte qualche fuoco tra featuring e singoli – si sarebbe preso una lunga pausa.
Tutt’oggi è difficile non pensare a lui come all’adolescente prodigio che nel 2011, insieme a Mastarais, fece il culo a mezza scena di allora con il pezzo “Sulla linea del limite”, cui seguirono in un crescendo clamoroso le hit “Minorenni coi trampoli” del 2012 e “Soulitudine” nel 2013. E chi non ne riconobbe il talento o fece finta di non vederlo a quel tempo, è oggi la medesima tipologia di ascoltatore medio – che sia pubblico, artista o gente del settore in generale – che fa fatica a riconoscerne all’emergente che lo merita.
“Eh ma a 16 anni anche se spacchi non hai credibilità”, tanto ingiusto quanto reale. Musicalmente l’italiano non è mai stato pronto e mai lo sarà. Per il pregiudizio, l’invidia, l’hateraggio gratuito e l’ignoranza da comfort zone invece sempre in prima linea.
E tutto questo Giaime lo ricorda bene, con l’onestà intellettuale di aver saputo riconoscere anche i propri errori nell’essersi a volte ghettizzato con le sue stesse mani, per una forma di protezione quasi. Quando si è soli, così giovani ed indipendenti (la firma con Universal è subentrata dopo), sopravvivere nella macchina del music business è dura. Le soddisfazioni sono tante quante le mazzate che prendi, sai come entri e non sai mai come e quanto cambiato ne esci. Difatti “l’inverno” nella sua carriera è stato determinato proprio da un’esigenza di raccoglimento, di full stop dal fiato sul collo delle troppe aspettative sulle spalle di un adolescente, dal desiderio insomma di poter dedicare a se stesso la cura ed il tempo a lungo accantonati per la carriera.
“Devi poterti sentire bene nella musica che fai, esprimere te stesso al meglio. Se scendi a compromessi rinunci a quella parte di valori che formano la tua personalità”, mi ha detto. “Ho recuperato le esperienze da ragazzino che avevo messo da parte, e anche quando mi hanno chiamato per Amici e Italia’s Got Talent non mi sono mai sognato di rinunciare alla mia credibilità artistica per le lusinghe ed un tipo di fama che non mi interessa. Come diceva una rima dei Co’Sang: “e certo, io voglio la vita bona senza far l’eroe in televisione; mi sentirei più uomo a fare soldi con la droga, a far soldi con gli imbrogli, senza un padrone”. Che se mi sentisse mia madre.. Insomma, è proprio una questione di atteggiamento nel rapportarsi al mondo. Io sono un artista, non un prodotto o un pacchetto televisivo”.
Quello di oggi non è un nuovo Giaime. È solo un Giaime che è cresciuto e che mentre gli guardo il tatuaggio del serpente sul braccio mi dice “cambiano la pelle, ma rimangono sempre loro”. Continua a gestirsi nel mondo, con i drammi e le battaglie della vita, come tutti. E se proprio si vuole parlare di una ciclicità del tempo, si può dire che rispetto a quel lontano 2011 la fase di oggi è la migliore che abbia vissuto finora in assoluto. L’avrete visto anche voi ieri sera in Gimmi Andryx – prova 1, no?
Uno stile musicale fresco e pulito che inizia ad essere riconoscibile quanto il suo stesso personaggio, teatrale e senza filtri, “a volte quasi spocchioso, mi dicono”. Con il produttore Andry the Hitmaker, suo coetaneo, è riuscito a trovare un equilibrio stimolante. “Lui senza saperlo mi ha salvato da una situazione di stallo, tirandomi fuori il meglio che avevo e costruendo con me un progetto incredibile”. Giaime insomma ha trovato una sorta di accompagnamento musicale interiore, che se ci si soffermasse un momento ad ascoltarlo bene lo si chiamerebbe semplicemente “personalità” artistica.
“Una season”, l’hanno definita così nella diretta di ieri, “una sorta di saga in stile Matrix” composta da pezzi che hanno una continuità tra loro ed inserita in una programmazione che ci accompagnerà nei prossimi mesi. Come diceva Ben Harper, “la musica è come il vento: soffia, continua a passare, a fluire. E finché c’è vento ci sono nuove canzoni”. A noi non resta che aspettare e goderci lo spettacolo.