Leo Cappa ci racconta la Kappa Distribution, il rap e il mercato musicale.
Oggi facciamo 4 chiacchiere con Leo Cappa aka Dj Keyel , nato a Crotone nel 1978, l’uomo che sta dietro a Kappa Distribution, etichetta di distribuzione, produzione e stampa.
Leo vive a Parma da più di 20 anni, è cresciuto a “pane e rap” e colleziona vinili dal 1994 (e continuerà ancora per molto, a quanto ci racconta). Leggetevi cosa ci ha raccontato su di se, sulla Kappa Distribution e sul rap in generale.
Partiamo subito con le presentazioni: cos’è la Kappa Distribution, per chi ancora non la conoscesse?
La Kappa Distribution è la continuazione naturale della Kappa Management, una piccola agenzia di booking e management nata negli anni novanta sull’onda dei primi gruppi di Kombat Rap italiano o comunque di crew che ruotavano intorno all’area contro-culturale dei centri sociali.
Oggi la sua continuazione consiste nell’aver riportato alla luce attraverso la ristampa del vinile, alcuni lavori, per proporli ad una nuova generazione di fruitori a diversi livelli del genere rap, con l’ausilio dei social network, mezzi all’epoca inesistenti. In tutto questo la ricerca del nuovo attraverso la produzione di alcuni lavori che usciranno durante l’arco di tutto il 2016 e che coinvolgeranno diversi e giovani artisti della scena rap italiana.
La Kappa Distribution nasce e continua negli anni la sua “mission” semplicemente adattandosi ai mutamenti sociali, culturali e generazionali, ma restando sempre radicata nel suo modo di fare, produrre, pensare e comunicare ai principi dell’autoproduzione e dell’indipendenza da sempre praticate.
Leo Cappa, l’uomo dietro questa azienda: quando nasce la tua passione per la scena Hip-Hop e come hai deciso di fare qualcosa di davvero concreto come la Kappa Distribution?
La mia passione nasce sin da bambino; con l’arrivo sui monti della Sila del Festival Biennale dell’Ampollino prima Sound, poi Rap, dalla prima edizione del 1992 dal titolo “Batti il Tuo Tempo” fino alla settime edizione del 2004, ho avuto la fortuna di conoscere da dietro le quinte l’ambiente degli artisti e di tutti gli addetti ai lavori e quindi l’evoluzione negli anni del fenomeno del rap o comunque da tutta la cultura Hip-Hop tanto da restarne affascinato e quindi interessato ed appassionato al punto di farne il lavoro della mia vita.
Nel vinile in particolare ho trovato forse la mia dimensione preferita.
Nel corso degli anni hai legato con molti artisti underground della scena italiana, esempio sono state le ristampe del classico disco di Inoki 5°Dan, del vinile degli Alien Army, quello di Jad e di molti artisti “contemporanei”. Come nascono queste collaborazioni?
Sono rimasto “fedele alla linea” da sempre, non sono il classico produttore dell’ultima ora che ha visto nel rap la svolta della vita, come tanti improvvisati e sprovveduti che girano nell’ambiente, io c’ero anche negli anni in cui il rap non faceva cassa, con il mio lavoro ed i miei contatti ho mantenuto la credibilità che la struttura – rilevata da mio fratello (Mario “Oberdan” Cappa, ndr.) – aveva creato sin dai primi anni novanta con la produzione di alcuni tra i lavori più validi e rappresentativi della stagione rap degli anni passati. Poi per il resto, migliaia di km di autostrada, concerti, eventi, contatti, rapporti, riunioni, ristampe, progetti, pagamenti effettuati sempre puntuali con fornitori, produttori, artisti e dipendenti e sopratutto un sito di e-commerce (www.kappadistribution.it) totalmente affidabile, collaborazioni credibili con persone di grande spessore artistico ma sopratutto umano. E’ così che nascono le mie collaborazioni
Sappiamo che la Kappa è molto attiva anche nell’organizzazione di eventi; ultimo in ordine cronologico l’HIP-HOP CAMPUS 2015. Raccontaci l’atmosfera che si respirava e se ci sono in programma altre Jam del genere per il 2016.
L’evento di Parma ha voluto essere per noi un test dopo anni di lontananza dalla gestione dei live per prendere confidenza con l’ambiente, per testare una città ancora timida a questo tipo di eventi; tutto sommato è andata benissimo, non un sold-out (che del resto nessuno si aspettativa) ma 450 paganti più crew ed ospiti vari nonostante una nebbia killer. Abbiamo testato nuovamente la nostra capacità di gestione di un evento che vedeva coinvolte tra artisti, crews e vari circa 80 persone; riallacciare il rapporto con le agenzie di booking dei diversi artisti, misurare le attività promozionali e di comunicazione dell’agenzia e sopratutto verificare il livello di gradimento espresso dai ragazzi presenti, che a nostro avviso è stato ottimo.
Un grande evento per un ottimo ritorno di immagine e promozione che per un’agenzia indipendente come la nostra è un gran successo. E’ stato il primo di una serie che programmeremo a cadenze stagionali o comunque in concomitanza con le nostre uscite discografiche.
Sappiamo già che una delle prime release del 2016 sarà il vinile “REVOX” di Dj Krash. Dacci qualche altra succulenta anticipazione. Cosa dobbiamo aspettarci da K per questo nuovo anno?
Abbiamo in cantiere alcuni progetti che ci permetteranno di mettere in pratica le nostre idee e dare più spazio alle pratiche di autoproduzione e auto-distribuzione, dare la possibilità a diversi giovani artisti di potersi esprimere liberamente senza necessariamente fare la solita ed inconcludente trafila dei vari discografici interessati ai bilanci da far quadrare o troppo presi dai reality, piuttosto che dallo spessore artistico , culturale delle giovani produzioni.
Posso citare alcuni dei nostri lavori in uscita nel 2016: Dj Jad “Il Sarto Vol.2”, “Missione Impossibile Vol.2” a cura di Dj Skizo, “Missione Impossibile 3” a cura di Dj Trix e poi cercheremo di realizzare eventi live che abbiano un filo conduttore, e non fine a se stessi con il rischio di diventare banali e noiosi.
Altro argomento che affronteremo con maggiore attenzione sarà quello del “booking artist”, il settore per cui la vecchia Kappa Management ha più investito negli anni. Struttureremo le nostre idee insieme ad artisti che vogliano mettersi in gioco senza fronzoli per allestire dei live concreti e divertenti.
Tutto ha il suo tempo e noi siamo in prima linea e pronti a dare continuità e concretezza alle nostre idee.
Con il ritorno del vinile, il mercato discografico ha guadagnato in vendite. Secondo te è solo speculazione o voglia di collezionismo vero e proprio?
La speculazione è del tutto irrilevante e non rientra nel nostro modus operandi, ovviamente non siamo nemmeno una confraternita che fa beneficenza, poi la matematica non è una opinione, se pensate che noi ristampiamo copie limitate che non superano mai le 1000, al netto dei costi di stampa del vinile, SIAE, IVA, royalties artisti, spedizioni e personale che imballa e spedisce, i ricavi sono veramente esigui. Il vinile è comunque oggetto di collezionismo , oggetto di lavoro per dj, oggetto d’interessati dell’Hip-Hop anni ’90 e muove interesse da parte delle nuove generazioni di ragazzini che vogliono avere in casa il disco “cult”, perché tali sono ormai considerati i lavori discografici di quegli anni.
Ecco, secondo un mio modesto parere, tutto questo unito un po’ alla tendenza del momento, ha favorito un ritorno al vinile ed alla riscoperta delle vecchie produzioni.
Come puoi notare abbiamo evitato domande scomode sulla “scena Hip-Hop contemporanea”, ma una cosa vorremmo saperla: quali sono stati i migliori 3 dischi rap del 2015, secondo Leo Cappa.
Per quanto riguarda la scena Hip-Hop contemporanea , l’Italia si sta evolvendo anche se a mio parere siamo ancora lontani, ma la colpa non e’ degli artisti emergenti, ma di chi non da spazio. Detto questo, i migliori 3 dischi Hip-Hop targati 2015 sono quello di Mezzosangue “Soul of a Supertramp”, “Darkswing” di Francesco Paura e “Pyramid” dei 16 Barre, questo ultimo gruppo sarà, per me, la rinascita del nuovo underground targato Italia, ve ne accorgerete fra pochi anni.
Ed ora le 3 classiche domande Hanali, partendo dall’angolo MarzulliHANO: fatti una domanda e datti una risposta.
Domanda: Il Rap in Italia è arrivato come KombatRap, nei centri sociali era considerato il nuovo modo rivoluzionario per veicolare e comunicare le frustrazioni e la ribellione di una generazione, ed oggi, sociologicamente come lo si può inquadrare?
Risposta: A livello per così dire “di massa”, un genere modaiolo e di tendenza dove non se ne apprezzano o non se ne conoscono le radici contro-culturali per cui è nato, divenuto un genere come un altro in mano alle grosse major discografiche che ne hanno fatto un prodotto di consumo come i dischi di Gigi d’Alessio, per altri più integralisti un genere da tutelare e riportare alle origini, cioè un mezzo di comunicazione diretto e concreto. Certamente dopo gli estremismi c’è sempre una via di mezzo che è quella di poter giudicare un lavoro discografico per quello che è , per i suoi contenuti, per le sue metriche, per le sue basi, per l’innovazione espressa nella tecnica, al di là che sia un prodotto distribuito dalla grande distribuzione di massa o da una piccola label indie.
Ovviamente quando si compra un disco da una piccola distribuzione indipendente si contribuisce a dare sviluppo a piccole realtà radicate sul territorio, con pochi mezzi economici a disposizione per grandi campagne promozionali, che credono e vivono di quel progetto e lo spingono con passione ed abnegazione; comprando un disco dalla grande distribuzione si contribuisce ad arricchire delle multinazionale con una gestione della produzione disumanizzante e forzata, dove giovani artisti rap diventano succubi di un divismo irritante per poche migliaia di copie vendute. Non è in tv e nei reality che nascono le idee e le tecniche d’avanguardia in grado di dare sviluppo al movimento Hip-Hop, ma sottoterra, sottotraccia, dove sguazzano ragazzini che spaccano i culi a queste Star da quattro soldi, ma che i grandi manager ed i grandi discografici non si degnano di andare a cercarli perché hanno il loro putrido culo attaccato alla poltrona a seguire direttamente da casa i propri futuri “artisti”.
L’angolo della puttHANA: prostituisci la Kappa Distribution.
Vorrei poter produrre un libro vero sulla storia dell’Hip-Hop in Italia, ma non è il momento: la storia è ancora adesso, i tentavi che sono stati fatti fin ora sono troppo tendenziosi e prostranti verso amici famosi, con pochi riferimenti storici, sociali e culturali. Solo delle ottime biografie degli artisti ma niente più. Mi prostituisco chiedendo se c’è qualcuno interessato ad una collaborazione del genere, si potrebbe quantomeno parlarne.
L’angolo della shampista: regalaci un pettegolezzo.
Più che un pettegolezzo, una provocazione: il mondo dell’Hip-Hop per un aspetto almeno è identico al calcio, non ci sono artisti rap-gay, le cose sono due: o c’è un machismo imperante nell’ambiente per cui tutti tacciono oppure è un caso, oserei dire storico, unico genere musicale dove non ci sono gay. Quindi se qualcuno sa è ora che ci sveli l’arcano per dare dignità e questi artisti.