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Sanremo, Tonino Dikele e Tinder. Idee sparse nella settimana del Festival.

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1) Esse Magazine inaugura le “auto-recensioni”.

Ok, è un po’ che non ci occupiamo di Tonino Dikele e delle sue peripezie nel giornalismo d’inchiesta, la Milena Gabanelli del rap italiano. Colgo l’occasione anche per svelare il motivo del passaggio da Sto Magazine a Esse Magazine. “Mamma” Zukar, dopo l’incredibile boost di street credibility data dalla sponsorizzazione Lavazza, pare abbia stretto un accordo commerciale con l’Esselunga, dando così vita al nuovissimo concorso del magazine: vuoi passare una giornata in panetteria col fornaio delle focaccine?

Cosa è successo? Niente di nuovo, semplicemente è stato raggiunto il next level del leccaculismo. Ero in metropolitana qualche giorno fa quando un mio amico mi manda uno screenshot recitante: “Il mio Clash”, articolo di Ensi.

Pazzesco, visionari. Perché dobbiamo sbatterci a fare finta che piaccia qualunque stronzata che l’ufficio stampa della Universal ci mette sul tavolo? Facciamo scrivere direttamente a loro quanto sono stati belli, bravi e “real”. Chapeau. La versione street del “si faccia una domanda e si dia una risposta” marzulliano.

2) Esce ancora del rap in Italia

Nonostante tutto, ci sono alcuni facinorosi che si ostinano a fare uscire dei pezzi con un briciolo di personalità. Ci scusiamo anticipatamente con il nostro pubblico per la presenza di questo contenuto dalle sembianze indecifrabili. Comprendiamo il vostro stupore nel vedere quell’ammasso di parole pregne di significato incastonate l’una nell’altra ma, dopo aver parlato con alcuni esperti del settore, ci è stato spiegato che trattasi di “metrica” e che a quanto pare era una cosa molto in voga fino ad una manciata di anni fa. Poco prima che i rapper iniziassero a comprarsi le Lelli Kelly. Tempi oscuri in cui, a quanto pare, per fare il rapper era necessario saper rappare. Non possiamo che prendere le distanze da questo abominio recente pubblicato dal signor Egreen e dal signor Nex Cassell. Data l’assenza di vocoder e e di balletti da ritardati, si consiglia di assumere due Augmentin prima della visione. Ci scusiamo per il disagio.

3) Achille Lauro entra nei Finley

Achille, cosa cazzo mi combini? Nel 2016 hai pubblicato il disco dell’anno e uno dei miei preferiti all time del panorama italiano. Ok, probabilmente non possiamo chiamarlo rap ma sticazzi, ce ne fossero di dischi non rap come “Ragazzi madre”. Poi? Il nulla cosmico. Un disco ai limiti dell’incomprensibile (“Pour l’amour”), Temptation Island, Xfactor… speravo che Sanremo potesse essere il tuo grande rilancio dato che di originalità non te n’è mai mancata.

Invece ti sei presentato vestito come uno de “Il Volo” con un pezzo che più che una canzone sembrava la litania di un concessionario in bancarotta. Questo “Rooooollllsss Rooyceeeeee” così stonato che avrebbe fatto passare “perché sputi” di Mariottide come “the next” Frank Sinatra.

4) Briga e il Tinder date andato male.

Sono bastati pochissimi secondi per capire come l’incontro tra Briga e Patty Pravo altro non fosse che l’ennesimo caso di appuntamento preso su Tinder finito in tragedia. Lei che aveva scientemente postato solo foto del 1976 accompagnate dalla capture “è già passato un anno, sembrava ieri”, e invece erano 43 anni. Come passa il tempo.

Il povero Briga, modello con le aspirazioni da cantante, non poteva immaginare che invece che una notte di fuoco lo aspettava il duetto più assurdo della storia della musica in compagnia dell’alieno Predator.

5) Fedez a Sanremo, chi lo avrebbe mai detto

Nonostante la paternità sua maestà Lucia è scesa in campo per illuminare tutta la compagine sanremese della sua inarrivabile umiltà. Un bellissimo duetto in compagnia della cantante Federica Carta…. come dici scusa? Non è Fedez? Ah, è Shade? Aspetta un attimo… ma Shade non sapeva rappare?

6) Mahmood è un nome fittizio.

Incredibile. Abbiamo trovato Marracash. Tutti si chiedevano che fine avesse fatto il King della Barona ed eccolo lì sul palco dell’Ariston. Sì ok, ce lo ricordavamo un filo diverso, questi virtuosismi vocali suonano abbastanza nuovi. Sembra anche più umile… anche se non ci voleva molto.

7) Scoop.

I Boomdabash sanno l’Italiano.

Diego Carluccio
Diego Carluccio
Diego Carluccio nasce, in tutta la sua presunzione, il 26 ottobre del 1990. Ora di pranzo. Essendo la modestia il marchio di fabbrica della casa, pare abbia dato suggerimenti e consigli su come affrontare il parto allo stesso medico primario. Volendo affossare l’insopportabile luogo comune secondo il quale “dai licei esce la futura classe dirigente”, si iscrive al liceo classico e, sebbene provi a farsi espellere e/o bocciare ripetutamente, consegue l’impareggiabile successo di diplomarsi in 5 anni con un sensazionale 60/100. Da segnalarsi la tesina di laurea: un mix di Ramstein, Marilyn Manson e Neonazismo. Iscrittosi per sbaglio alla facoltà di legge alla statale di Milano, rimane ripetutamente intrappolato all’interno di quel subdolo e tentatore tragitto che connette la fermata “Missori” e l’aula di Diritto Privato. Ritiratosi dai corsi a metà anno, dedica il resto della stagione 2009-2010 al fancazzismo professionistico. Desideroso di ottenere una laurea però, scegli la carriera universitaria che ha il maggior numero di punti di contatto con la disoccupazione perenne: nel 2011 si iscrive al Dams. Laureatosi con il voto di 99/110, in onore dei kg e del numero di maglia dell’idolo di infanzia Antonio Cassano, conclude la propria esperienza universitaria con un tesi dedicata a “Fabri Fibra” e al rap italiano. Prima tesina nazionale a contenere un numero di parolacce superiore a quello dei segni di punteggiatura. Come ogni buon “critico” giornalista che si rispetti, non manca, tra le esperienze del giovane Carluccio, un fallimento artistico. Firma nel 2015 un contratto discografico con una label minore sotto lo pseudonimo di D-EGO MANIA. Il disco “Non è un paese per rapper” riesce nell’ardua impresa di vendere meno copie dell’esordio discografico dei Gazosa. Ora vive a Londra, frequenta un Master in Digital Journalism e lavora nell’organizzazione eventi per uno degli hotel più lussuosi della capitale britannica, ma non preoccupatevi: la sua vera passione è dirvi quanto fate schifo. ALTRE COLLABORAZIONI: Rolling Stone, Noisey, Il Milanese Imbruttito

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